x 5,83 (66 x 20 palmi lucchesi), del S.Antonio di Briave (Ossi). Maestranze lucchesi dovrebbero aver lavorato forse nella torre-cisterna del Castello dell'Acquafredda (Siliqua): le misure degli spessori murari e le dimensioni di merlatura e parapetto sono multipli interi della canna di Lucca. Il parapetto è alto circa 0,90 metri (=3 palmi da 0,29 metri) e i merli circa 0,57-0,58 metri (= 2 palmi); ogni merlo è largo 3 palmi e dista altrettanto dai contigui; infine, parapetto e merli hanno spessore 2 palmi. La canna lucchese si può confondere col piede cluniacense, introdotto in Sardegna dai Lerinensi, che era pari a quello romano di 0,295 metri.191 Lo si può individuare nella Santa Maria di Sibiola (Serdiana), inspiegabilmente attribuita dagli studiosi ai vittorini.192
i) canna genovese L'unità di misura a Genova era la cannella, pari a 2.977 metri, divisa in 12 palmi da 0,248 metri, e il «passo geometrico», suddiviso in 6 palmi.193 l) canna francese La canna utilizzata nella Francia meridionale aveva tre misure locali, ma conosciute a livello nazionale: la canna di Marsiglia (metri 2,0127), quella di Montpellier (metri 1,987) e quella di Tolosa (metri 1,796), tutte divise in 8 palmi.194 La canna di Marsiglia è individuabile in molte chiese edificate dalle maestranze al seguito dei benedettini di San Vittore, o Vittorini: S.Pietro dei Pescatori (Cagliari), S.Giorgio di Decimoputzu, S.Caterina di Semelia | ||
189) Anche qui si ricava la proporzione 1 a 2. 190) A. Sari 1981. 191) A. Chemin 1995, p. 25. 192) La S.Maria di Sibiola presso Serdiana, compare per la prima volta nei documenti nel 1341, mentre il centro abitato di Sibiola (si badi bene, non la chiesa !), solo nel 1338 risulta tra i beni dei monaci francesi (M. Rassu 2001 c, p. 38). 193) A. Martini 1883, p. 223, voce «Genova». 194) R.E. Zupko 1997, p. 356; a Bordeaux il «late», diviso in 7 «pieds», era lungo invece 2,497 metri (A. Martini 1883, p. 97, voce «Bordeaux»). | ||
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(Elmas), S.Efisio di Nora (Pula), S.Maria di Cepola (Quartu S.E.), S.Efisio di Quartucciu, S.Nicola di Butule (Ozieri). A titolo d'esempio, la S.Caterina di Semelia misura 38 x 22 palmi di Marsiglia (metri 9,60 x 5,53), mentre il S.Pietro dei Pescatori misura 54 x 28 palmi marsigliesi (13,60 x 7,05 metri). Dopo il 1325, a seguito dell'invasione aragonese, si diffuse il piede di Montpellier da 0,247 metri, utilizzato in Sardegna dal 1325 al 1600 circa, |
Siliqua (CA) - S. Giorgio: facciata | |||
prima dalle maestranze catalane provenienti dalla Spagna, poi, con la diffusione dello stile gotico-catalano, anche dai mastros de muru sardi.195 Se ne parla per la prima volta nel 1327 nel cosidetto «Coeterum», i privilegi che il re d'Aragona concedeva alla città di Cagliari, per l'occasione ripopolata con gli abitanti di Bonaria. Infatti, si decise di trasformare l'area portuale, detta Lapola, in un sobborgo del Castello, l'attuale rione Marina. Tra le altre disposizioni venivano imposte le dimensioni massime dei lotti, a pianta rettangolare di 3 x 5 canne di Montpellier (5,94 x 9,90 metri): «et habere possint patua in popula quae noviter fit in Lapola, sive portu dicti castri Callari [...] Volumus insuper [...] quod illis qui magna et | ||||
195) A. Martini 1883, p. 384: la «canne» di Montpellier era di metri 1,98 pari a 8 palmes da 0,247 metri. Divenne dal XVI secolo l'unità di misura propria degli artigiani di Cagliari, conosciuta come «piede cagliaritano» o, volgarmente, «sa prammitta»; ma in edilizia si continuò ad utilizzare il palmo sardo da 0,262 metri. | ||||
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