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ALBO D'ORO
2004
Baluardi di pietra.
Storia delle fortificazioni di Cagliari
Massimo Rassu
Finalista
sezione Saggistica Edita

 


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Baluardi di pietra
(Storia delle fortificazioni di Cagliari)
di Massimo Rassu
Aipsa Edizioni, giugno 2003 - 236 pagine
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Cagliari città-fortezza è un po' un aspetto importante della storia urbana del capoluogo dell'isola dei sardi. Lo è certamente per l'imponenza delle sue fortificazioni e lo è per il ruolo che quei "baluardi di pietra" avrebbero avuto nella formazione e nell'evoluzione della città. Un interesse - verrebbe da anticipare - che riguarderebbe più la storia urbanistica che quella militare della città.

È quindi assai interessante leggere questo saggio di Massimo Rassu (un giovane ingegnere molto attento ai rapporti che il presente continua ad avere sul costruito nel passato) perché in esso si può trovare una chiave di lettura, ampia e documentata oltre che facilmente leggibile, del come il "farsi" delle fortificazioni "individua il legame storicizzato profondo con le culture materiali dei diversi periodi della storia di Cagliari", come scrive nella presentazione il professor Corrado Zoppi.

La Cagliari-fortezza sul colle è infatti la reincarnazione di quella che era stata la città di pianura dei fenici, dei romani e dei bizantini, la cui forma era stata quasi cancellata dalle incursioni della "canalla maometica" del principe Musetto. Infatti, la sua nascita viene collocata - come ricorda l'A. - attorno al 1216, allorché "Benedetta di Massa cedette al console pisano Lamberto Visconti il colle davanti al porto di Bagnaria". Le vicende seguenti, con la presa di comando da parte dei pisani nei confronti del vecchio Giudicato indigeno, avrebbero portato Cagliari (ovvero Castellum Castri de Kallari) a divenire "il centro del potere politico ed economico di tutta la Sardegna meridionale" sotto il controllo di Pisa.

Da allora, come viene ricordato, s'iniziarono le opere di fortificazione della città, secondo un disegno ben preciso ed in modo da ottenere la sua inespugnabilità da parte dei tanti corsari che allora infestavano le acque del Tirreno e del Mediterraneo occidentale. Il sistema delle mura che cingevano il Castello aveva un perimetro di 1640 metri, cingendo un'area di circa 12 ettari "dalla caratteristica forma a "fuso" delle città toscane, sviluppata in lunghezza con strette strade parallele, dette "rugae" che l'attraversavano da una porta all'altra Le vie longitudinali erano collegate tra loro da vicoli detti "traversae", che prendevano nome dai cittadini che vi abitavano. Infine vi erano delle piazze o slarghi: la più importante era senz'altro la piazza Comunale (Platea Communis), nata contemporaneamente alla città, dove si affacciavano la cattedrale con l'episcopio; vi si teneva anche il mercato dei cereali e si svolgevano le contrattazioni mercantili".

Il perimetro delle mura del Castello, come attentamente ricostruito dall'A., è interrotto da una quindicina di torri che, partendo dall'attuale detta "di San Pancrazio" ed in senso orario avevano i nomi di Santa Lucia, La Pahona,della Fontana Bona, della Manayra, del Leone, Falcona, del Conte, dell'Elefante, della Fontana, den Fores, Pilastris, Tedeschina, Passarina, ecc.

Nella ricostruzione attenta del sistema difensivo di Cagliari, un'analisi attenta viene anche riservata ai mutamenti avvenuti non solo sulla nazionalità dei possessori, ma anche nelle evoluzioni delle armi d'attacco. L'introduzione delle armi da fuoco (seconda metà del XV secolo) avrebbe infatti modificato le cortine difensive, occorrendo "renderle più basse e più spesse possibile, cosicché offrissero scarso bersaglio agli artiglieri nemici e assorbissero meglio i colpi". Fu allora che si dovette rilevare la scarsa rispondenza delle mura difensive cagliaritane alle offese possibili dalle bocche di fuoco nemiche, tanto che il sovrano Carlo V di Spagna dovette inviarvi da Madrid "degli architetti di fama per studiare l'ammodernamento e l'adeguamento delle strutture difensive alle nuove armi".

Quelle costruzioni procedettero peraltro molto lentamente, anche per la cronica mancanza di fondi, tant'è che solo nella seconda metà del XVI secolo "si vide un vero e proprio intervento progettuale, prima dell'ingegnere cremonese Rocco Cappellino, e poi a cura dell'architetto svizzero Giacomo Palearo. Con i grandi lavori di quel secolo - annota l'A. - Cagliari assunse un aspetto che mantenne, salvo piccoli aggiustamenti, per almeno quattro secoli".

Al sistema difensivo di Cagliari furono così aggiunti i bastioni, più adatti a reggere l'urto delle armi da fuoco. Anche il nuovo sistema, realizzato peraltro con una certa lentezza, cingeva e proteggeva il Castello attraverso una serie di fortificazioni tra cui ancor oggi ne è possibile ammirare la possanza. Il bastione di Santa Croce (1503) a protezione di tutto il lato occidentale del Castello, quello coevo detto "del Balice" (oggi conosciuto come "dell'Università"), e poi ancora quello attiguo "dello Sperone", od anche quello "del Monserrato" racchiuso nelle strutture del complesso detto della "Scala di ferro".

Non mancano poi le attente ricostruzioni di quelle che furono le opere di difesa (erano assai temute le incursioni della flotta turca) realizzate dagli ingegneri sabaudi destinate a rendere sempre più protetta la città capitale del loro Regno. Fra i primi ad esservi destinati fu Antonio Felice De Vincenti (vi giunse direttamente dalla Sicilia al seguito di Vittorio Amedeo II), seguito poi dall'ingegnere militare Luigi Andrea De Guibert che si preoccupò di migliorare ed adeguare le imponenti opere di difesa della città-fortezza. Altro ingegnere sabaudo fu Giovanni Marco De Besson ed ancora Augusto de La Vallée, a cui andrebbero attribuiti gli ultimi perfezionamenti della imponente cintura difensiva.

Ma Cagliari fu veramente una piazzaforte inespugnabile come molti hanno sostenuto, tanto da poterla indicare come la più protetta del Mediterraneo? Massimo Rassu non è dello stesso avviso, perché avverte che "quelle mura e bastioni furono tanto imponenti quanto inutili, perché la città non subì mai un assedio degno di questo nome. [Erano solo] in grado di tenere a bada le piccole flottiglie di corsari barbareschi o francesi, che le stavano ben alla larga, ma non in grado di reggere il confronto con flotte ben armate dei grandi stati nazionali".

Sostiene quindi l'A. che fu una "piazzaforte di secondo piano, al servizio di una città di provincia, la cui importanza strategica era dovuta più che altro alla residenza del viceré e dei grandi feudatari di origine iberica, e al suo legame con la Spagna prima e con la Savoia poi". E per dare ancor più valore al suo giudizio, cita le parole "demolitrici" dell'arciduca Francesco d'Austria-Este: "Cagliari - dice - non era una fortezza ma solo "una città di montagna fortificata contro un colpo di mano, un attacco improvviso"". Ma, al di là di queste valutazioni, il libro dell'ingegner Rassu offre un'interessante e documentata analisi di quel che venne costruito a Cagliari, in parallelo con l'evoluzione dell'architettura militare nazionale. Un'analisi che aiuta a meglio capire le trasformazioni avvenute lungo quattro secoli, cercando di adeguare e potenziare il sistema difensivo d'una città che poche volte ebbe modo di doversi difendere dagli assalti delle marinerie, e quando lo fu, sembrò anche lesta ad arrendersi…

scheda a cura di Paolo Fadda
pubblicata sul numero 3/2005 di Sardegna Economica

 


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